Premessa: questo racconto, come i due precedenti, è stato scritto per una antologia tematica (prossima pubblicazione!!!), in questo caso a proposito delle sfaccettature del desiderio (maliziosi, non pensate subito al sesso!). Il racconto quindi non è da intendersi fine a se stesso, ma incluso in un contesto tematico più ampio.
In fondo ad ogni post, trovate il link "add comment" oppure "aggiungi commento"... Non abbiate paura di usarlo!!! Aspetto le vostre opinioni! Buona lettura!


La prima volta che l’ho visto ero entrata in quel luogo per caso. Non era programmato, dopo il lavoro sarei dovuta tornare direttamente a casa e invece, come attratta magneticamente, ero entrata in quel posto.
Non vi è mai capitato?
Fate la stessa strada ogni giorno, per andare al lavoro, per andare alla scuola dei vostri figli, per raggiungere la palestra, il supermercato, la banca, eppure ci sono cose che non notate, che non riuscite a vedere, perché i vostri occhi sono talmente abituati a percepirle come immagine di sfondo da non farci neppure caso.
Poi un giorno, per caso, come per volere del destino, un filo sottile vi conduce, vi induce a voltarvi proprio in quel punto dove di solito tirate diritto. E finalmente aprite gli occhi, smettete di guardare e cominciate a vedere.
A me è successo proprio questo.
Stavo tornando a casa dal lavoro, un giorno qualunque di una settimana qualunque. Uscita dall’ufficio mi sono affrettata lungo il marciapiede, la borsetta appesa a una spalla, la valigetta nell’altra mano, i tacchi delle scarpe che rumoreggiavano sul selciato. Mi sono fermata alle strisce pedonali, in attesa che il vigile mi consentisse di  passare dall’altra parte del fiume di automobili, ma invece di continuare a guardare dritto davanti a me, come faccio sempre, mi sono voltata.
Alla mia destra c’era un luogo stupendo, qualcosa di molto vicino alla mia idea di Paradiso. Forse era stato appena aperto? Possibile che fosse sempre stato lì e non lo avessi mai notato prima?
Come in trance mi sono avvicinata, ho appoggiato la mano sulla maniglia di ottone della porta in legno e l’ho spinta in avanti.
L’ambiente ampio era illuminato da una luce calda e, benché ci fossero diverse persone all’interno, non c’era la solita frenetica confusione, ma calma e tranquillità.
Lui non era particolarmente in vista, anzi si trovava in un angolo piuttosto defilato, ma nonostante questo è stato il primo ad attirare il mio sguardo. Elegante, sobrio, raffinato, sembrava incarnare tutti i desideri di una donna. Almeno, incarnava i miei desideri.
Non avrei dovuto avvicinarmi. Sapevo fin da quel primo sguardo che non sarei riuscita a resistere, ma la tentazione era forte e sembrava tutto perfettamente orchestrato da un destino con uno strano senso dell’umorismo.
Accantonando i dubbi, ho deciso più o meno consapevolmente di accostarmi un po’ di più.
La prima volta non sono stata abbastanza risoluta da stabilire un contatto diretto, non era il caso. Ma sono tornata in quel posto il giorno dopo e il giorno dopo ancora. Lui era sempre lì a rendere quell’angolo così speciale e a tentarmi.
*^*^*^*^*
Ho provato e riprovato a convincermi che non è il caso, che non ne ho bisogno, che non mi manca niente. Ho tentato pensando a mio marito, che non potrà mai capire. Ho cercato di convincermi riflettendo sulle necessità di mio figlio, che tra poco comincerà l’università. Ho valutato attentamente le mie responsabilità verso i pagamenti, le bollette, il mutuo.
Ma questa attrazione diventa sempre più forte e i vincoli che mi trattengono sempre più deboli. Così oggi, finalmente, ho deciso di cedere e soddisfare il mio desiderio.
Sono stata nervosa per tutto il giorno, tanto che la collega con cui divido l’ufficio mi ha lanciato più di un’occhiata preoccupata. Non posso fare a meno di pensare a come potrei reagire se oggi, proprio oggi che ho deciso di cedere, non lo trovassi lì ad aspettarmi. Il destino potrebbe decidere di giocarmi questo scherzo?
Finalmente è arrivata l’ora di uscire. Spengo il computer, esco dall’ufficio e salgo sull’ascensore già fermo al piano. Giunta in strada mi lancio a passo svelto lungo il solito marciapiede che percorro tutti i giorni, la borsetta appesa a una spalla, la valigetta nell’altra mano e i tacchi che rumoreggiano sul selciato.
All’altezza delle strisce pedonali mi volto a destra, poggio la mano sulla maniglia di ottone ed entro. Con un sospiro di sollievo mi apro in un sorriso e mi rilasso: è ancora lì, come ogni giorno, ad occupare il suo angolo.
Con passo sicuro, più leggera ora che ho preso la decisione, mi avvicino al bancone. La donna che sta dall’altra parte mi guarda con l’aria di una che ha capito da tempo come stanno le cose. Chissà quante volte le è già capitato di assistere a simili situazioni.
La signora mi saluta cordialmente e sorride incoraggiante.
<< Buongiorno – dico io mentre gli ultimi dubbi si volatilizzano – Vorrei provare il cappotto sul manichino nell’angolo. Taglia 48.
Senza una parola, la signora esce da dietro il banco e mi procura il capo della mia taglia.
Davanti allo specchio, mentre lo indosso per la prima volta, penso alla prossima rata del mutuo, alle tasse universitarie di mio figlio e a mio marito  che non capirà, perché sa che possiedo già altri due cappotti. Ma in fondo si può fare uno strappo alla regola per soddisfare un desiderio.

E poi non è detto che debba venire a sapere esattamente quanto costa.


 
Chi l’ha detto che il giallo è un colore caldo?
In genere i colori caldi mi fanno venire in mente il tepore di una giornata primaverile, il sapore di pane burro e zucchero, la cucina della nonna con tutti quegli interessanti profumini.
In questo momento invece il giallo non mi ricorda nessuna di queste sensazioni. L’unica cosa a cui riesco a pensare è un limone, rinsecchito e acido, ormai troppo duro per essere spremuto, sgradevole come può esserlo solo qualcosa che è stato dimenticato in fondo al frigorifero troppo a lungo.
E non riesco a concentrarmi con questo maledetto limone che mi balla davanti agli occhi! Come posso focalizzare le mie risorse mentali per rispondere alle domande quando ho sotto il naso un tale spettacolo?
Per tutto il semestre di lezioni non ha indossato altro che completi di colore variabile dal grigio piccione al marrone castagna, passando per tutte le declinazioni del nero. E proprio oggi ha deciso di indossare questo accidenti di tailleur giallo fluorescente?
Il giorno dell’esame!
A stento riesco a guardarla, figuriamoci a rispondere a domande di chimica.
-         Bene signorina, adesso mi parli del metilarancio.
L’aula è piena di studenti con blocnotes e penna alla mano, pronti a prendere appunti per cercare di carpire qualche segreto che consenta di superare indenni questa terribile prova. Questo esame di chimica organica ha sempre avuto un’aura di terrore.
Io, davanti alla lavagna con le mani impiastricciate di gesso, tremo visibilmente. Gli esami orali mi hanno sempre gettato in una condizione di panico, sia prima che durante. Per di più, dopo un’ora di domande a raffica, la concentrazione comincia a scemare e questo è il mio vero tallone d’Achille, perché mi ritrovo a fissare inebetita il tailleur giallo, incapace di proferire verbo.
A giudicare dalle facce dei miei illustri colleghi non sono l’unica a essere rimasta traumatizzata da questo repentino cambio di look.
Devo conoscere la commessa che è riuscita a venderle quel completo.
-         Signorina… il metilarancio?
La voce della docente mi arriva come da un altro mondo e cerco disperatamente di focalizzare la mia attenzione su quello che mi sta chiedendo. Posso quasi avvertire lo sforzo fisico del criceto che risiede nel mio cervello, sta cercando di rimettersi in piedi e cominciare a correre dentro la ruota.
-         Sì, dunque… Il metilarancio è un colorante della classe dei coloranti azoici e… e…
Non c’è niente da fare, è più forte di me (soprattutto è più forte del criceto). La mia attenzione è attratta magneticamente da quell’abito. È talmente fosforescente che si distingue a occhio nudo la trama del tessuto.
-         ...sì, signorina. E per cosa possiamo usare il metilarancio?
Anche la professoressa è esasperata, si sente dal tono di voce. Forse potrei fingere uno svenimento. Potrebbe funzionare?
Il povero criceto ormai è allo stremo delle forze, ma nonostante il mio sguardo sia ancora fisso sul tailleur (o forse proprio per quello), ha un  imprevisto guizzo di genialità.
-         Il metilarancio si può usare per le fibre tessili…
Trattengo il fiato, la docente annuisce stancamente. Forse non è proprio la risposta corretta ma ho l’impressione che abbia deciso di accontentarsi.
Tenta però un’ultima stoccata.
-         Quale tinta otteniamo con questo colorante?
Il criceto è distrutto, ma sento un lieve sorriso affiorarmi agli angoli della bocca.
-         A pH intorno a tre il metilarancio è rosso. Invece a pH superiori a quattro ha un colore, non so come dire… Ha presente quella tinta a metà tra il latte inacidito e la senape andata a male? Oppure se preferisce quel colore tra la mela acerba e il colore dei succhi gastrici… Insomma, un po’ come il suo vestito.


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Lui era seduto sul divano, i gomiti appoggiati alle ginocchia, si rigirava nervosamente un pacchetto di sigarette tra le mani. Osservava quella scatoletta di cartone come se da essa dipendesse la sua vita. Ad un tratto, come se obbedisse ad un ordine, lo aprì ed estrasse una sigaretta. Afferò un fiammifero e la accese. Quando aspirò la prima boccata, il Fumo si sprigionò dalla Sigaretta.
-          Oh salve! - la Sigaretta salutò il suo caro vecchio amico, il Fumo, che lentamente si spandeva nel salotto.
-          Salve! – rispose il Fumo volteggiando in piccole spirali – E’ parecchio che non ci si vede da queste parti.
-          Già – rispose la Sigaretta – Allora… cosa mi racconti, che fai ultimamente?
-          Il solito… mi espando, ristagno… nulla di nuovo – disse il Fumo con noncuranza – Dì un po’ – cominciò poi cambiando argomento – ma il nostro amico qui non aveva smesso di fumare?
-          Sì, così aveva deciso un po’ di tempo fa. Sarà passato qualche mese – confermò la Sigaretta stretta tra le labbra dell’uomo.
-          Non ricordo, come mai aveva deciso di smettere? Ero certo che sarebbe sempre stato un fedelissimo della nostra compagnia. Ho passato così tanti anni aggrappato alle tende della sua stanza quando frequentava l’università… – ricordò il Fumo con nostalgia.
-          Lo so, è sempre triste quando succede. Crediamo di conoscere gli amici veri, ma poi… E’ una storia antica come il mondo. Sua moglie…
-          Sì? – incalzò il Fumo.
-           …è rimasta incinta e…
-          E?
-          …e così Lui ci ha traditi! – rivelò la Sigaretta indignata, mentre Lui la scuoteva sopra il posacenere.
-          Ma dico! Non vedo perché non avrebbe potuto continuare ugualmente! Con le dovute precauzioni, si capisce. Che so io, è pieno di balconi questo appartamento! Fammi indovinare… - disse ad un tratto il Fumo arricciandosi con un’improvvisa consapevolezza - …Lei non fuma!
-          Esatto! E’ una Non-Fumatrice! I Non-Fumatori non possono capire, non provano neanche a capire.
-       Ora però sono io che non capisco… perché ora ha ricominciato? E poi guarda che faccia… corrucciata, preoccupata…
-          …e che occhiaie… Sono davvero curiosa, cosa potrà essere successo? – domandò la Sigaretta, più a se stessa che al Fumo.
In quel momento Lui si alzò dal divano, aggirò il basso tavolino di vetro posto al centro del tappeto e si diresse verso la finestra.
-          Oh accidenti! – mormorò il Fumo.
L’uomo aprì la finestra e mulinò le braccia attorno a sé per accelerare il ricambio d’aria. Il Fumo però, dopo anni di intensa attività, conosceva tutti i trucchi: si insinuò tra le pieghe delle tende, aderì alla tappezzeria e si aggrappò energicamente al rivestimento del divano.
-          Qualcosa mi dice che Lei sta per arrivare – suggerì la Sigaretta bruciando maliziosa.
Dopo pochi istanti il silenzio fu rotto dal suono di una chiave che girava nella serratura, uno scatto, due e Lei entrò. Ferma sulla soglia, fiutò l’aria.
<< Hai fumato?!>> chiese a bruciapelo senza neppure salutare.
Lui non rispose, abbandonò la sigaretta fumata a metà sul posacenere e si parò davanti a lei.
<< Che mi dovevi dire? >> domandò senza preamboli.
-       Che brutta aria che tira qui… - osservò la Sigaretta mentre consumava, abbandonata sul posacenere.
-        Sì, lo so. Scusa… è che il mentolo proprio non lo digerisco – cercò di giustificarsi il Fumo.
-      Non mi riferivo a te, ma a quei due! Se ben mi ricordo andavano d’amore e d’accordo. Non riesco proprio a spiegarmi questo cambiamento!
<< E’ a proposito del bambino >>
<< Che succede? C’è qualche problema? Qualcosa che non va? Stai forse male? >> chiese Lui terrorizzato, muovendosi verso di lei rapido e concitato.
<< No.. niente del genere…>> rispose Lei
-        Esita! Perché esita?! – chiese la Sigaretta, irritata dal fatto che si stava rapidamente consumando – Dannazione.
Lei prese un respiro profondo, chiuse gli occhi un attimo, poi alzò lo sguardo verso di Lui e si risolse a parlare.
<< Non sono sicura che il bambino sia tuo >> disse infine con un filo di voce.
Lui la fissò incredulo, sconcertato.
-          Accidenti! Che brutto colpo! – esclamò il Fumo.
-          Non ci posso credere! – strepitò la Sigaretta.
<< Ho fatto fare il test per la paternità >> proseguì Lei incurante del silenzio attonito del marito << Ho avuto oggi i risultati, ma non ho ancora trovato il coraggio di aprire la busta. Vuoi aprirla con me? >>
Lui annuì, una sola volta, sempre con gli occhi sgranati, senza emettere un solo suono. Lei estrasse una grossa busta gialla dalla borsa che portava appesa al braccio, lo guardò senza riuscire a intercettare il suo sguardo, poi posò gli occhi sulla busta. Cominciò lentamente ad aprire l’adesivo sul bordo, quindi estrasse il foglio.
  In quel momento la Sigaretta si spense, maledicendosi di non poter durare più a lungo, e un’improvvisa corrente spazzò fuori dalla stanza gli ultimi residui di Fumo.

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Questo racconto è contenuto nel volume "Hai da accendere?", antologia tematica, edita da Giulio Perrone Editore.
Potete trovarla su:
http://perronelab.it/
 http://www.libreriauniversitaria.it/hai-accendere-lab/libro/9788863160345 
http://www.amazon.it/Hai-da-accendere/dp/8863160341/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1339341365&sr=8-1 

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    In questa pagina aggiungerò alcuni racconti che ho scritto. Buona lettura!

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    Giugno 2012

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